Boulez Conducts Zappa "The Perfect Stranger"

By Maurizio Favot

Il Mucchio Selvaggio, January 1985


BOULEZ CONDUCTS ZAPPA
The Perfect Stranger

EMI 270153 1

Una coppia di attempati Repubblicani intenti a pratiche sessuali mentre fanno break-dance.

Una ragazza che odia gli uomini e li uccide col suo speciale vestito dotato di corazza micro-Wagneriana a punte velenose. In un bar sulla Avalon Boulevard di Watts alle 6 del mattino d'una domenica del '64, durante una jam session, gli avventori fanno quelle cose che li collocano al di fuori del resto della società.

Certo, impressiona legger queste e altre amene storielle sotto la foto d'un Pierre Boulez misuratamente sorridente, collocata proprio accanto al titolo «The Perfect Stranger» (se si traduce come «dI Perfetto Estraneo» la cosa può suonare involontariamente un poco ironica ... ).

In realtà l'abituale sarcasmo dissacratorio di Zappa, estrinsecato stavolta dai faceti quadretti di cui sopra, non deve porre fuori strada, né deve ingannare la definizione delle stile autoproposta dal musicista di Baltimora («Pre-posterously non-moderno, figuriamoci!): qui si fa sul serio e per abbozzare un'analisi delle nuove composizioni zappiane occorre scomodare nomi illustri e fasi cruciali della vicenda musicale contemporanea.

'Magister' Bianchini mi suggerisce: 'Musica a programma' (e seguendo tal filone si giungerebbe assai lontano: tardo rinascimento, barocco, Vivaldi, Biber e Farina quali precursori di Berlioz e dei massimi esponenti del 'poema sinfonico', Liszt e Richard Strauss), 'Gebrauchsmusik' Weimariana (Hindemith, Wiell e compagni, «il suono come valore d'uso», la musica come commentario sociale), e, ancora, là musica d'accompagnamento per film (ch'è anch'essa. logico, musica d'uso e 'a programma').

Sente, il Bianchini, soprattutto nel breve «Naval Aviation in Art», echi distinti quanto involontari dei temi e del leitmotiv d'una pellicola nostrana, «Le Mani sulla città» (amaro e vibrante Francesco Rosi del '63).

Concordo, e di mio complico e rimpolpo: Stravinskij e Varèse. «Sfido – dice il lettore informato e sagace – ma questo si sapeva giàl». Certamente, ma per amor di precisione occorreva ripeterlo, e poi non ci soffermeremo sui due ispiratori consolidati: c'è dell'altro.

Charles Ives e George Gershwin, innanzitutto: tracce evidenti del primo in «Jonestown» (la tessitura di base. ovviamente, non gli effetti soprastanti) e del secondo in Dupree's Paradises non possono sfuggire ad un ascolto avvertito.

E che dire delle liquide figurazioni di «The Girl In The Magensium Dress» se non che sono, almeno un poco, apparentate a certe creazioni della 'Scatola per Musica Elettrica» di Morton Subotnick? E Bartok, che fa capolino un po' dappertutto? Basta così, altrimenti si finirà per snocciolare nome per nome tutto il 'Dizionario dei Grandi Musicisti'...

Il brano più riconoscibilmente zappiano è forse «Outside Now» (ma è meglio non pensarci due volte. sennò ricominciamo con le citazioni).

Dire che in «The Perfect Stranger» ci sia molta carne al fuoco è, come avrete intuito, un puro eufemismo.

Il sapore? Beh, dipende dai gusti: in ogni caso la degustazione dev'essere attenta, paziente, prolungata. Se avete dimestichezza con similari ammannimenti zappiani, sarete conquistati al primo morso.

Altrimenti, vi prego, non scoraggiatevi all'assaggio iniziale.