Frank Zappa – Impegni da superman

By Armando Gallo & Maria Laura Giulietti

Ciao 2001, August 24, 1975


LOS ANGELES

« Frank ti può vedere questa sera alle 10 » mi ha detto per telefono Barbara De Wit, agente stampa della DiscReet, mezz'ora dopo d'averle chiesto un'intervista con Frank Zappa.

Sorpreso? Diamine, erano anni che tentavo di avvicinare Zappa senza alcun risultato positivo e riuscirci ora così facilmente non mi sembrava logico. Qualcosa, sotto, ci doveva essere ho pensato mentre guidavo la macchina sulla sommità di Laurel Canyon. O che Frank non aveva nulla da fare o, andando all'altra estremità, qualcosa di grosso stava bollendo nel suo magico pentolone.

NELL'ANTRO DEL « GRAN CAPO »

Due enormi cani fanno un baccano infernale e per, fortuna Frank mi viene incontro facendomi accomodare nello studio al pian terreno della sua grossa casa. Come entro capisco subito la presenza delle due ostili bestiole: le pareti dell'enorme stanza sono coperte di nastri archiviati con ordine.

Su ogni bobina c'è la data d'incisione e il nome dell'artista in caso non si tratti dei Mothers; un enorme ed invalutabile patrimonio. Grossi spartiti musicali sono sul pavimento e sopra il pianoforte. Disegni di un impianto luci sono sparsi su un tavolo da lavoro; vecchi ricordi, lettere, foto e curiosità antiche sono appesi con gusto nelle porzioni di parete libere dai nastri. Frank ha appena finito di mangiare uno snack e, dimostrandosi molto ospitale, fa scendere una bottiglia di Barolo 1965. E' rmasto il suo vino preferito dall'ultima tournée italiana quando Pier Tacchini, della WEA Italiana, quasi « distrusse » i Mothers nel corso di una serata in un ristorante bolognese, mi dice Frank.

« Sono queste le basi dell'antologia dei Mothers? » gli chiedo additando i nastri sui muri e ricordando continue promesse di una quasi ormai leggendaria raccolta, un « set » di 10 long-playing di musiche mai pubblicate. « Ouesta è tutta la mia musica incisa e quel "set" forse non sarà più tanto leggendario entro la fine dell'anno. Tutto è quasi pronto e stiamo lavorando per poterlo pubblicare a Natale ».

Frank nota la mia sorpresa, ma non dice nulla. E' una sua tipica caratteristica che si ripeterà durante tutta l'intervista; le sue risposte saranno sempre brevi, concise, sempre molto dirette. Riascoltando il nastro ho notato che spesso le mie domande erano più lunghe delle sue risposte e, sebbene la mia iniziale intenzione fosse stata quella di trascrivere l'intervista dal nastro, ho preferito alla fine redarre il servizio raggruppando più risposte a varie domande.

« Stiamo convincendo la casa discografica a distribuirlo a dicembre. Il prezzo di listino in America sarà di 50 dollari, ma ogni negozio discografico lo sconterà a piacere; credo che forse sarà reperibile a 40 dollari. I dieci album saranno composti maggiormente da incisioni "live" che avranno la caratteristica di essere quasi completamente differenti dall'incisione originale, brani eseguiti in una particolare serata magica mai ripetuta. Ci saranno conversazioni curiose, le prime prove dei Mothers, il concerto ad un party di Hollywood dove Herb (Herb Cohen) chiese di farci da manager. L'ingresso della polizia ad una incisione dei Mothers con un reclamo per troppo fracasso. L'incisione più vecchia è del '58: è di Captain Beefheart in un'aula scolastica; eravamo a scuola insieme. Se ci sono richieste per il "set"? In Europa ne abbiamo 5.000; pensi ci siano tanti pazzi che vogliano spendere tutti quei soldi? E' per questo che la casa discografica ha tanta paura ad avventurarsi nella pubblicazione ».

Il mio interesse d'ascoltare alcune cose dei 10 album avrebbe spinto Frank ad alternare I nastri sul suo impianto quadrifonico fino alle 3 del mattino. Con la giustificata scusa di fare alcune foto sarei poi tornato il giorno dopo per un altro paio d'ore ascoltando nuove bobine: un'esperienza tra le più fortunate poiché la musica che ho sentito mi ha fatto « viaggiare » per almeno due giorni. Frank deve aver imipegato migliaia d'ore a selezionare le cose migliori della sua carriera e il risultato è stupendo e insuperabile.

Riascoltando quelle cose antiche (eppure suonano cosi moderne!) ho dovuto chiedere a Frank di raccontarmi degli inizi della sua carriera. Nato da genitori italiani a Baltimore, Maryland, Frank si trasferì con la famiglia a Ontario, una cittadina a pochi chilometri da Los Angeles. A 11 anni iniziò a suonare la batteria e a 15 si uni alla prima formazione che gli fece guadagnare un po' di dollari. A 18 anni imbracciò per la prima volta una chitarra e diventò per sempre chitarrista. « A quei tempi era più facile suonare un nuovo strumento » mi spiega. « La chitarra mi affascinò subito e mi unii ad un complesso conoscendo solo alcuni fraseggi; non sapevo nemmeno cosa fossero gli accordi. Erano complessi da locale, nightclub da week end, cose del genere, con farfalletta e giacca bianca ».

La prima grossa occasione arrivò verso la fine del '61 quando Zappa conobbe un attore di Hollywood, Tim Carey, che stava producendo un film da lui scritto, « The World's Greatest Sinner » (Il più grande peccatore del mondo). La storia, un venditore d'assicurazioni che stanco della vita si dà alla musica, alla religione e poi alla politica fino a squilibrarsi nel pazzo tentativo di provare a se stesso di essere Dio, aveva interessato vivamente il giovane che accettò l'offerta di scrivere· la colonna sonora poi eseguita dall'Orchestra Sinfonica di Pomona Valley.

« Guadagnai i primi grossi soldi della mia carriera: 2.000 dollari che investii in una nuova chitarra e in uno studio di incisione messo su da un tizio che s'era coperto di debiti. Gli diedi 1.000 dollari e m'impegnai a ripagare tutti i suoi debiti. Lo studio aveva un sacco di roba e una macchina a 5 piste che questo tizio s'era costruito. Allora tutti gli studi d'incisione a Los Angeles avevano solo 4 piste e l'unico al mondo con 8 era quello di Les Paul. Lo studio era situato a Cucamonga ad una trentina di chilometri da Los Angeles e solo qualche complessino locale l'usava di tanto in tanto.

Ero più interessato ad incidere dischi per conto mio, suonavo tutti gli strumenti e sovrapponevo la voce vendendo poi il prodotto finito. Le mie influenze musicali? R&B e musica contemporanea, Stockhausen e Varèse ».

Zappa conserva ancora la prima lettera che Varèse gli scrisse nel '57, l'inizio di una lunga amicizia fondata su reciproca stima e rispetto. « Molte persone lo considerano francese » mi dice Frank, « ma per me è sempre stato un compositore italo-americano ».

Gli ho chiesto a questo punto come sia arrivato a formare i primi Mothers of Invention: « Conoscevo Ray Collins, il cantante. Mi chiese di andare a suonare con il suo complesso perché gli era venuto a mancare il chitarrista. Era in un bar, una cosa ridicola, tanto più che tutti si lamentavano per la musica che erano costretti a suonare. Chiesi loro di smettere e di venire a suonare nel mio studio e dopo una cinquantina di rifiuti riuscimmo ad agganciare un contratto discografico. Avevamo materiale per due album e dopo aver fatto spendere un sacco di soldi alla casa discografica li costrinsi a pubblicare un album doppio, "Freak Out". A dire la verità usai dei trucchetti: un album doppio nel '65 era una cosa impensabile ».

Zappa è un musicista che nel campo rock ha sempre precorso i tempi e nel "70 era pronto a fare forse ii salto più lungo della sua carriera con il film e le musiche di «200 Motels », una pellicola che solo recentemente ha ricevuto un più esauriente successo di pubblico e critica quando è stata riportata in circolazione nei maggiori film-club americani. Ho chiesto a Frank se sia frustrante come artista proporre cose che vengono raramente capite al momento della pubblicazione. « No, la posizione di un artista è proprio quella di essere avanti a tutti. Sarebbe preoccupante se fossi capito al volo ».

Ho chiesto a Zappa cosa ne pensasse dei Tubes, il nuovo complesso americano che più mi ha impressionato negli ultimi anni, una domanda dovuta al fatto che molti li hanno definiti simili ai Mothers dei giorni migliori. « I giorni migliori del Mothers devono ancora arrivare » mi ha risposto Frank il quale, notando la mia sorpresa, ha continuato: « Solo oggi iniziano ad esserci le tecniche d'incisione che mi permettono di fare quello che ho in mente. "200 Motel", l'album, avrebbe potuto essere inciso bene solo ora per esempio.

Forse l'unico album che finora mi ha soddisfatto come produzione è "One Size Fits All" che è l'ultimo pubblicato. Ho quasi terminato il prossimo che uscirà a ottobre; devo solo tagliarlo e montarlo e avrà parecchie sorprese: (nota: sorprese è dir poco, dopo aver ascoltato l'album per intero il giorno dopo), ma sto cambiando nuovamente il complesso al fine di trovare la situazione giusta. A ottobre inizierò una grossa tournée in America e forse verrò anche in Europa con una formazione completamente nuova: Napoleon Murphy Brock sarà l'unico a rimanere; gli altri sono Ròbert « Froggy » Camarino alla chitarra e voce sofista, Danny Walley, chitarra ''slide'', Terry Bozzio, batteria e Roy Estrada torna al basso ... ».

Ancora sorpreso per sentir nominare Roy Estrada, uno degli originali Mothers che poi lasciò il complesso nel '69. « Faceva il camionista » mi ha detto Frank, « e la settimana scorsa gli ho chiesto se voleva suonare nuovamente ».

Tra qualche settimana verrà messo a disposizione delle stazioni televisive internazionali un film-special della durata di un'ora di un concerto dei Mothers durante lo scorso inverno a Los Angeles. La fotografia ricorda molto « 200 Motels » e intermezzi di animazio ni divertenti e allo stesso tempo terrificanti portano il normale sistema dei cartoni animati indietro di almeno dieci anni.

I grossi spartiti che avevo notato sul pavimento e sopra il pianoforte, mi dice Frank, sono di una musica per balletto che ha appena terminato di comporre. Non sa come la userà, « Ma avrò la risposta tra qualche giorno » mi assicura. « Sto attraversando un periodò molto prolifico e mi piace alzarmi ogni mattina alle cinque per lavorare direttamente fino a sera ».

Armando Gallo

UNA MISURA UNICA

Esce dunque la nuova fatica di Frank Zappa, ma, come avrete letto nell'intervista, non è l'unica sorpresa che il musicista ci riserva per i prossimi mesi. Il disco si chiama « One Size Fits All » ed è un ennesimo capolavoro del chitarrista; forse tornerà a non soddisfare chi non ha trovato del genio in « Apostrophe » e in « Roxy and Elsewhere », ma rimarrà pur sempre un lavoro inimitabile. E inimitabile è la parola giu sta per Zappa e la sua musica, per il suo stile chitarristico e di composizione.

La prima parte è decisamente superiore alla seconda, che pur contiene gioielli Bunueliani e Picassiani in una folle rincorsa di suoni e di colori da far girare la testa. « Inca Roads », « Can't Afford no Shoes », « Sofa n. 1» e « Po-Jama People » sono i brani presentati nella prima parte e raggiungono vette di grandissima intelligenza specie negli intermezzi musicali (« Inca Roads » e « Po-Jama People ») che rivelano al massimo le possibilità del gruppo che non è altro quello che abbiamo potuto ascoltare nell'ultima tournée italiana.

La voce di Zappa è sempre terribilmente sfrontata e sensuale e ben si unisce a quella più caotica e spudorata di Napoleon Murphy Brock, che emerge con grande gusto. In « Po-Jama People », poi, c'è un assolo chitarristico che ci fa davvero rincrescere il fatto di non poterlo ascoltare più spesso allo strumento. Molti infatti dimenticano troppo di sovente che Frank Zappa è un chitarrista d'eccezione, uno tra i migliori della scena rock, preferendogli l'immagine di compositore e arrangiatore che pur gli aderisce perfettamente. Anche George Duke emerge da quel grande musicista che è, creando momenti di rara bellezza sia alle tastiere che al synt, strumento che sa usare con grande gusto. e precisione, senza intenzioni di strafare.

L'album, realizzato tra il dicembre del "74 e l'aprile del '75, contiene lo stesso le immagini pazze, feconde, umoristiche. incredibili di cui la sua musica è piena e che lo faranno entrare a testa alta nei libri musicali di tutto il mondo. Mi diceva Tom Fowler, bassista della formazione, che « gli spartiti sono di una difficoltà talmente grande che ci vuole almeno una settimana di studio per iniziare a capirci qualcosa », e noi tutti sappiamo come la musica zappiana si stacchi nettamente da tutto quel suo retroterra culturale che è fatto di rhythm'n'blues, jazz e rock, per diventare un qualcosa a parte, un capitolo musicale a sé stante.

La seconda parte contiene « Florentine Pogen », « Evelyn a Modified Dog », « San Ber'dino », « Andy» e «Sofa n. 2» e, pur mostrandosi un poco inferiore alla prima, è interessantissima e densa di flashes geniali. Come non rimanere affascinati dalla sostenutissima « San Ber'dino » con quell'immissione di armonica (suonata da Bloodshot Rollin' Red) e con l'intreccio tastieristico di Duke delineato anche dalla chitarra e dalla snervante batteria di Chester Thompson? E cosa dire di Zappa che canta in tedesco (grazie all'aiuto di Lu Paschotta) su « Sofa n. 2»? E che dire degli improvvisi e letali cambiamenti di tempo? Delle allucinanti situazioni che si vengono a creare (« lo sono il paradiso, io sono l'acqua, io sono lo sporco tra i tuoi rotoli di grasso? »)? Zappa rimarrà sempre tra i grandi, un esempio selvaggio ed irregolare, una mente decisamente in vantaggio di almeno dieci anni, un cesellatore minuzioso ed un disordinato arruffone. Insomma uno che non finirà mai di piacerci e di stupirci, che poi è quello che realmente vuole.

« ... Oh Bobby mi dispiace che tu abbia una testa uguale ad una patata. Veramente mi dispiace » (San Bern'dino).

Maria Laura Giulietti