Frank Zappa "A'po! Stro'phe (!)"

By R. B.

Muzak, April 1974


FRANK ZAPPA
« A'po! Stro'phe (!) »

DISCREET

Frank Zappa spogliarellista arriva solo fino al reggiseno, guardandosi bene dal mostrarci le sue vere nudità, i capezzoli turgidi di un'arte pazza e depravata che lo ha portato dalle beffe dell'altroieri (Freak Out!) all'intrico felice appena scorso (Grand Wazoo). A'po! stro'phe suo nuovo ambiguo album, rifà infatti il verso al precedente Over-Nite Sensation, correndo giù per gli stessi scalini di timidezza / insulsaggine: senza che nulla sia rivelato, alla fine di tutto, senza che appaia la danza frenetica degli strumenti, l'immagine di una musica presa a schiaffi e a feroci coltellate.

Gli è che Zappa si accontenta di poco, del sorriso divertito, del piccolo sconquasso da giullare: senza che l'ironia vada realmente a fondo e si faccia cattiva, perversa, irresistibile, senza che lo stile prenda a scivolare in mosse alla Chaplin o in sogghigni alla Frankestein, ammaliandoci sino allo stupore e al dolore fisico.

Insomma, siamo in quel reame agrodolce e un po' miserabile che già avevamo scorto in Just Another Band From LA, in Live at FilImore East, in tutte le pièces dell'artista istrione con poca voglia di musica: e non a caso ci rotolano addosso istanti déja vu, frammenti di musica già masticati, i coretti e i ritmi cadenzati che sono per noi incubo e terrore dai famigerati tempi di Kaylan e Volman. La musica trepida e liberissima dei concerti dal vivo, il suono smidollato e superbo del Grand Wazoo irrinunciabile, sono particolari travolti e fustigati, idee che solo appaiono in radi momenti, nell'orgia di parti « recitate » e di fuochi R&B che qui la fanno da padrone: e dobbiamo affidare a flash occasionali (qualche appunto alla chitarra, due o tre deliziose « fanfare » jazzistiche) la nostra smania di vero Zappa, i sogni di un Duca delle Prugne lucido e deciso.

Soprattutto la facciata A è povera d'impennate. chiusa a chiave nello smilzo mondo dell'artista d'oggi, con il secco battere delle percussioni e la voce amara e irridente che porta avanti il discorso eterno di I Am the Slime e brani simili: e la quasisuite, iniziale in special modo (da Don't Eat Yellow Snow a Father O'Blivion già messa per iscritto nella tournéee italiana) dorme sonni profondi, nuda della magia zappiana, dell'impennarsi e morire di rabbia/emozioni. Più digeribile la seconda parte, che gioca con Apostrophe la carte del brano strumentale senza uscire però da un'aurea e placida mediocrità (qualche mozzicone di Gumbo Variations, voilà!): ma in fondo si resta sino alla fine ad aspettare il miracolo e il colpo di frusta, delusi e sgomenti dal vano Carnevale che va sfilando innanzi a noi.

Bene, Over-Nite Sensation non era un miraggio, e dunque possiamo riporre nel cassetto desideri e voli infiniti: con albums come questi Frank Zappa concorre alla Grande Lotteria del Consumo, mettendo a tacere l'obliqua anima di musicista che gli urla dentro. Il Businessman ha mangiato il cuore al condottiero: e nell'attesa di ritrovare l'uomo come da antica gloria non ci resta che metter da parte questo disco, continuando a danzare sul ricordo incancellabile di Burnt Weeny Sandwich o di Uncle Meat.

r.b.