Zappa e Beefheart:  La saggia pazzia

By Maurizio Baiata & Manuel Insolera

Ciao 2001, November 12, 1972


DUE ANIME INQUIETE E POLIEDRICHE, INFINITAMENTE PAZZE ENTRAMBE, MA DOTATE DI ESTRO E INVENTIVA ECCEZIONALE: FRANK ZAPPA E VAN VLIET DONALD, SOPRANNOMINATO CAPTAIN BEEFHEART.

AMICI D'INFANZIA, DA DIVERSO TEMPO ESSI SI ACCUSANO A VICENDA IN UNA ACCESA, ASSURDA POLEMICA SENZA ESCLUSIONE DI COLPI CHE LI DIVIDE. ECCO IL QUADRO SULLE TENEBRE E LUCI DI QUESTE DUE MENTI SCOPERCHIATE.

Nell'anno di disgrazia 1955, in una classe di una scuola superiore di Lancaster, California, due mefistofelici pargoletti, Zappa Francis Vincent e Van Vliet Donald, mettono costantemente alle corde il cervello e la pazienza dei loro malcapitati professori. Uniti da una logica scolastica che i due sembravano destinati a distruggere, i protagonisti di questa strana favola, erano già da allora destinati a sovvertire regole e convenzioni sonore che la buona e santa America loro imponeva.

In quei giorni nacque un'amicizia che avrebbe poi trovato logica esplicazione (fin da allora già con un primo gruppetto, gli scalcinati « Soots ») in un fluire parallelo di idee e di ritmi che ritroveremo oei primi lavori di en trambi.

Il punto di partenza del loro incontro vive, a nostro avviso, di due momenti: uno fisiologico, facilmente identificabile nella tra slucida follia che in essi si dimenava, un altro prettamente musicale, l'amore per il blues, seppu re diversamente caratterizzato. Quello di Zappa, se tale veramente sia stato non lo sappiamo, era un blues fotto di sofismi ed af flati jazzistici; quello di Donald invece grandguignolesco [1] e fracassato.

Ca questi termini di identità si scopre quel particolare contributo che lo stesso Zappa riconosce in « Freak Out » a Don Vliet, a quell'epoca già titolare della Magic Band (« Mirror Man » è infatti del '65, « Freak Out » del '66), con lo strampalato soprannome di Captain Beefheart, affibbiatogli dall'amico Frank.

Viene dunque a nascere una collaborazione sotterranea, a livello ispirativo, di cui resta difficile isolare le componenti nel dossier musicale di entrambi, fantasmagorico e poliedrico all'infinito. L'esplicitarsi delle idee musicali dei due avviene su strade diverse, come già esposto in precedenza, ma l'unico evidente punto di raccordo, in sede discografica, appare « Troubles comin' every day » (da « Freak Out ») che richiama le lunghe ed allucinate elucubrazioni di « Mirror Man ». Poi più nulla di così esplicito fino all'episodio di « Willie The Pimp » (da « Hot Rats »), dove l'esposizione lirica, la costruzione tecnica e l'uso vocale sono parti evidenti dell'insanità beefheartiana.

Il nodo del problema va ritrovato più che in tali sporadici motivi di contatto, in quella che abbiamo chiamato « collaborazione sotterranea »: l'abbiamo intravista nel confuso biascicare dei tempi della scuola, la vediamo magicamente evolversi nel proseguire su strade palesemente divergenti; la vediamo infine confluire nella basilare ricerca dello scardinamento sonoro.

Se potessimo entrare nel cervello dei due protagonisti, pptremmo nella loro musica discernere i punti di contatto e di dialogo, a nostro avviso esclusivamente ideali, che vediamo poi bruscamente interrompersi al momento della pubblicazione di « Hot Rats ». Ma purtroppo queste facoltà psicologiche ci sono negate; ci restano invece quelle vibrative, che in qualche modo tessono la trama dell'opera di entrambi fino, appunto, alla saga dei « Topi Caldi [Hot Rats] », quando anche lapparenza della unione sensuale viene meno e la tela in precedenza costruita e colorita torna ad essere bianca, ed improvvisamente Zappa e Beefheart si fanno pittori di orgasmi diversi. Quali ne sono i motivi? Ovvero quali appaiono i termini di quest'inaspettata contesa?

Ci risponde la stessa accesa polemica nata e trascinatasi a tutt'oggi fra i due musicisti. A detta di Bef, Zappa avrebbe sfruttato, la creatività dell'amico, specie in «Lumpy Gravy » ed «Hot Rats », e lo avrebbe subdolamente indotto ad entrare nella propria casa discografica, la Straight, per meglio controllarlo, limitarne gli orizzonti e sfruttarne la potentissima personalità.

Il genio Frank tuona a gran voce sull'ingratitudine del « capitano pazzo », ricordandogli a più riprese che sotto la propria egida egli ha realizzato i suoi migliori albums, « Trout Mask Replica » e « Lick My Decals Off Baby ». Nella ridda di repliche e polemiche siamo scaduti sino alla calunnia ed all'ingiuria, infatti Bef ha accusato Vincent di non essere mai stato un vero musicista, ma di sfruttare astutamente l'abilità dei brillanti talenti di cui ama circondarsi.

Nella tristezza che ci opprime nell'assistere ad un simile disfacimento, possiamo tirare alcune soggettive considerazioni.

Se è vero che Zappa si vale di ottimi musicisti, questi restano nella maggior parte dei semplici esecutori del suo cosmico genio: egli è soprattutto un compositore, pur restando uno dei chitarristi più stupefacenti ed eleganti mai esistiti; come pure, se i più complessi risultati artistici di Beefheart hanno coinciso con la produzlone zapplana, è però vero che ogni sua opera è un microcosmo a sè stante e giudicato autonomamente per i valori che esprime.

Resta infatti la certezza, nell'ascoltare le opere dell'uno o dell'altro, di trovarsi sempre di fronte ad uri qualcosa di superiore, di metafisico nella sua complessità sia di ricerca che di dissacrazione; quest'ultimo carattere, tanto importante per entrambi, cl aiuta nel ricollegamento a quello che possono essere le origini, diciamo psicologiche, della musica di Bef e Zappa, le pazzie, le allucinanti e quasi extrasensoriali aperture della loro mente. Comunque, in entrambi i casi si tratta della pazzia più lucida ed aperta che mai abbia colpito il genere umano. Due mondi fatti di galassie oscure e di cieli improvvisi, di cirri eterei ed impalpabili, di orridi dove precipitano insanità e furore compositivi, motivi e cosmi musicali, ma attraverso vie inter. planetarie diverse.

La pazzia di cui Beefheart è la quinta colonna, cioè la punta più avanzata, gli impedisce quella fredda programmazione e quel dosaggio tecnico ed estetico con cui Zappa amministra i propri rivolgimenti sonori; e questo può essere un motivo recondito, anche se non troppo, dell'incompatibllità di carattere fra i due anarchici della musica moderna.

Ma più alla base occhieggiano altre considerazioni, sempre in seno alla pazzia: quella di Bef è paludosa, fangosa ed immacolata ad uh tempo, apparentemente illetterata, antintellettuale, demoniaca e sanguigna. Essa scaturisce da esperienze sempre sensuali, violente se vogliamo, morbosamente fisiche.

Una pazzia geometrica, raffinata, iconoclasticamente lucida, freddamente metafisica e sillogica è invece quella di Zappa: una pazzia che mai si servirà dello smoking macchiato del sangue delle istituzioni (Bef), ma invece colpisce e colpirà sempre alla base di esse, con la forza di un'ironia quasi maieutica, di un calore che la stesse musica gli fornisce. E se il fatto politico, nella musica di Zappa, emerge in modo esplicito dei versi, e palesemente solo nel suo primo periodo, in Beefheart appare invece un elemento esistenzialmente più connaturato alla musica.

Il sovvertimento di ogni schema sonoro precostituito, ed in particolare della rigida suddivisione in dodici battute del blues canonico è già di per sè un atto che implica risvolti politici, in quanto tale ribaltamento è un'espressione di controcultura, un'opposizione alle regole tradizionali della musica del sistema.

Ed accanto alla dirompente protesta nei confronti della musica ortodossa assistiamo al discorsi informali e dissacranti dei testi: seppure essi non abbiano un'esplicita funzione di denuncia e parallelamente alla rivoluzione sonora, essi portano avanti elementi di contestazione di enorme importanza ma, anche questa volta, con una differenza di fondo che contraddistingue le due rispettive concezioni.

Beefheart assegna spesso elle parole un valore prettamente fonetico, trovando nell'assurdità, nella non essenza, nell'informalità le rime e le assonanze di cui si serve per le sue invenzioni vocali, come del ritmo di base; la distorsione stessa dell'uso armonico della voce rappresenta un mezzo potentissimo per l'estrinsecazione di quel blues egoistico, privo di correlazioni, ricco di incrinazloni fonetiche, anarcoide in ogni suo passaggio, che è in definitiva l'impressionante forma comunicativa beefheartiana.

In Zappa le parole, per quanto blasfeme, insultanti, pazze e cattive vivono sempre di quella ironia elegante, di quella svitata visione Jazzata che sono fulcri stessi della musica zappiana.

Nella contesa (cruenta od incruenta non lo sappiamo), Bef esce in questo senso vincitore; per una maggiore dose di coerenza, per la delirante e cosmica continuità dei suoi geniali afflati; o forse perché il nostro Captain, poeta, musicista, genio incompreso, pazzoide a tempo perso, un giorno sbalordì il mondo con una sua frase... « TUTTI GLI ESSERI AL MONDO SONO COLORATI: ALTRIMENTI NON SI POTREBBERO DISTINGUERE ».

Maurizio Baiata e Manuel Insolera


1. grandguignolesco = à la Grand Guignol, a Parisian theatre that specialized in grotesque and horror shows.